tutto da rifare (un giorno)

tutto come nei sogni.
tutto facile, tutto bello, qualcuno ti chiede se sei del tutto felice
e tu gli rispondi di si,
come se dovessi startene lì a pensare ad un’altra risposta possibile.
tutto come nei sogni,
ti svegli, desideri qualcosa, lo prendi.
come nei sogni.
come nei sogni ad una condizione segue una conseguenza
e non esiste nessun intoppo.
tutto come nei sogni,
gli stivali neri che arrivano fin sopra al ginocchio,
le calze nere, il vestitino nero,
i capelli biondi, il profumo che sa di ciliegia,
rouge dior, la pochette,
ti guardi allo specchio e ti domandi se può
davvero esistere un momento più
perfetto di quello,
di quando incrocio il tuo sguardo, così.
in una sera così e il cuore va a mille
e tu te ne rendi conto.
una serata così,
per una volta, senza l’ansia,
senza nascondere, senza quello che c’è ogni giorno, che non va.
una serata così,
come nei sogni.
io resto ancora ad aspettarla.
non diventa più complicato pensare
perchè non riesco a starmene così lontana.
da te.
come nei sogni,
oggi è un giorno tutto da rifare, daccapo.
anche l’oroscopo l’ha detto.
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lettera aperta a n.

smettila di pensare che smettere di credere sia l’ultima cosa che farai.
smettila di pensare al quinto canto dell’inferno di dante recitato
da benigni, smettila di credere che sia una delle cose più belle da ascoltare.
smettila di pensare che un giorno non molto lontano da qui
le persone verranno ripagate per le ferite ricevute, per gli occhi lucidi.
smettila di farti il cuore pieno e gli occhi lucidi.
smettila di farti il cuore pieno, anche quando ti sentirai apprezzata,
chi ha mani meno piene delle tue sarà pronto a sorpassarti.
smettila di credere che basta un secondo e le cose cominciano ad andare meglio.
comincia a pensare che le persone non cambiano,
neanche per tutto il bene che le vuoi.
e non esiste nessuna rivincita, nessuna soddisfazione,
per chi è convinto che non vuole cambiare, che vuole rimanere sempre
col cuore pieno, le persone resteranno sempre le stesse.
anche tu resti sempre la stessa,
perchè diventi forte, ma solo in quello che provi
e mai una volta per quello che dovresti provare, ma non riesci a provare.
hai impiegato un’eternità per tirare fuori quello che c’era dentro,
per sentirti meno cinica, per iniziare di nuovo a credere
nelle cose belle e la soluzione non è questa.
non esiste che un attimo solo di perfezione e tu
questi pezzettini piccoli di felicità li stai cercando da tanto,
eppure quando ti ci avvicini, si allontanano.
quando li prendi e li guardi, ti rendi conto di esserti sbagliata.
e hai gli occhi lucidi, perchè sai che se cambi, se smetti di ascoltare
benigni con la divina commedia, se smetti di essere una che piuttosto
che autocommiserarsi, si spinge ancora oltre e guarda attraverso le cose,
se tu fai questo, sai che non sei più tu.
sai che diventi una copia di una copia di una copia, scritta male.
quella copia di una copia, scritta male, in questo momento ha più di quanto vorresti tu.
è ad un pezzettino di felicità da te.
e non riesci a dire come ti senti,
perchè in realtà stavolta farebbe soltanto un pò più male
ammetterlo.
cambia il modo in cui sei, piiccola n.,
il mondo, il tuo mondo piiccolo, non le conosce le
cose belle in cui credi tu e forse
non vorrà vederle mai.
e tu scova tutte le altre e abituatici, piccola n.
così forse non ti sentirai più scoppiare il cuoricino,
come fosse un palloncino.
ma tu ora stai bene, piiccola n.,
hai letto attentamente tutto quello che ti ho scritto
e non ascolterai nessuna parola,
non prenderai in considerazione nessuna di queste ipotesi,
scommetto che dopo aver letto, guarderai il
quinto canto dell’inferno di dante e ti verranno
i brividi come sempre.
finirai poi sempre per continuare a credere
che quello in cui tu stai sperando,
un giorno, non molto lontano da quello in cui
ti sto parlando oggi, quel pezzettino di felicità
sia tuo.
solamente tuo.
 
lettera aperta a n.
 
 
 
(da n.)
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non molto lontano da qui.

la prima pioggia di settembre mi fa venire in mente
cappotti e sciarpe e poi stretti stretti, a immaginarci, io e te,
come se bastasse a non sentire più il freddo, quando è inverno.
la prima pioggia di settembre mi fa avere nostalgia
di una minigonna senza i collant, la pelle abbronzata,
il sole che ti avvolge, l’acqua del mare,
i capelli che si fanno biondi biondi.
i capelli biondi che ti fanno impazzire.
che sia estate, che sia inverno
mi viene in mente qualcosa.
che parla di me, che parla di te.
mi sento forte, per quest’inverno.
qualsiasi cosa sia.
in fondo bisogna sempre sperare che non sia molto lontano da qui
quello che cerchi.
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scritta due anni fa e pensavo a firenze e non era dedicata a nessuno, se non a me stessa – adesso me la sento addosso.

 

Intreccia le sue mani con quelle di lei mentre cammina per le strade di una città che non è la solita. Ha le mani fredde, spuntano dal cappottino nero, giocherella con le dita abbastanza da farle il solletico. La guarda incantato mentre è davanti la vetrina di un negozio; lui è convinto che lei non sappia com’è vista da fuori, indica con il dito dell’altra mano una borsa, fa la voce da bambina. La stringerei a me tutte le volte che fa quella voce da bimba – pensa- la trovo adorabile; nel suo essere una persona mite riesce ad essere così tanto speciale, così tanto uguale solo a se stessa. Forse la ragione vera per cui sono qui, per lei, è proprio questa – pensa. Lui sorride, ha un sorriso di quelli belli, coi denti tutti bianchi, un sorriso che è sincero. Lei una volta gli disse che era proprio un intelligente e bellissimo bambino. Lui scoppiò a ridere. Camminano lungo il fiume, tra le viuzze, nella sera fredda di un’altra città, è strano pensare come tutto questo per un tempo non c’è mai stato, non è mai esistito se non nella testa di uno dei due. E’ strano pensare che un tempo questo non esisteva e adesso invece è la speciale normalità. Lui conosce poca musica, ascolta gruppi inglesi ma è uno attento alle parole; quando lei gli dedicò ‘perchè no’ di battisti, ‘e ti vengo a cercare’ e ‘all is full of love’ lui apprezzò perchè è un bambino tanto intelligente, un’intelligenza che però in parte dipende dalle persone che gli stanno accanto; potrebbe diventare tutt’altro se conoscesse la persone sbagliata, tutta quella intelligenza potrebbe diventare una sottile mediocrità e lui potrebbe non accorgersi che è diventato tanto mediocre, peccato lui sia anche un bambino tanto fragile a volte. Entrano in un ristorante, muta l’aria, le mani diventano calde calde. Lui, lei mangeranno cose nuove raccontandosi i particolari della città che all’altro sono sfuggiti, gli sguardi delle persone, l’ombra proiettata sui monumenti, l’accento marcato di chi ti è stato accanto. Li vedessi da fuori, lui e lei, ne proveresti una dolce invidia, chiusi nel loro piccolo amore che è timido e non grida, non ostenta. Non è un amore che ha bisogno di parlare di sè nè di farsi forza alle spalle degli altri, un amore che va avanti da solo. Li vedessi da fuori, lui e lei, ne proveresti una dolce invidia, perchè sono in quell’attimo quello che vorresti diventare anche tu, un amore che si costruisce al di là dell’egoismo e della paura, perchè se l’odio è il contrario dell’amore, il contrario dell’amore è la paura, due che diventano uno senza annullarsi l’un l’altro, rimanendo integri in quello che erano e che sono e che saranno, nel bene, nel male. Ordineranno un primo, poi un secondo, poi un dolce e del buon vino e la cena la pagherà lei, perchè questa cosa era nata come uno scherzo, ma poi una sera quando lui stava per lasciare il paese e andarsene per sempre, andarsene così, lei glielo aveva promesso, dopo aver pianto nell’attimo in cui lui diceva ‘me ne vado’, dopo aver pianto nell’attimo in cui lui diceva ‘non posso farlo, resto qui con te, per te’; una promessa è quello che è. Si dicono tante cose, le persone non fanno mai quasi attenzione alle cose che dicono, a quelle che gli altri dicono al posto loro, le parole sono importanti, per lei lo erano estremamente. Persino le riviste di moda straniere lei le leggeva con attenzione, con cura, con dedizione, tra le scarpe di Yves Saint-Laurent e le calze chiccose di Chanel. Una parola che dici è una che non dici, una parola che dici è il segno che lasci sul corpo di qualcun altro, una parola che dici è quella che avresti potuto dire e quella che non dirai. Usciranno dal ristorante mano nella mano, sorridendo entrambi, cambiando l’espressione del viso in corrispondenza del vento che tira forte, che quasi ti strappa la faccia. Vorrebbero entrambi ripararsi nella sciarpa dell’altro prima di tornare, la sciarpa blu, regalo di Londra di qualche anno fa, che adesso è ricordo di questa serata che sa di meraviglioso pur non avendo alcun effetto speciale. Torneranno, si diranno cose, si abbracceranno sotto un cielo che non è loro ma che guarda loro stretti, abbracciati nel freddo pungente che è esattamente uguale a quando loro due non si parlavano, non si sfioravano, esattamente uguale a quando si erano conosciuti prima, ma nel momento sbagliato. Si, lo stesso freddo pungente.

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la notte ti vengo a cercare.

più forte è quando ripensi alle cose belle di quest’estate.
pensi al bagno di mezzanotte,
brilla a camminare sulla spiaggia
e poi non andare a lavoro il giorno dopo.
i tacchi alti a guardare le stelle e pensare
più forte a quello che provi, a non nasconderlo.
ti dai una buonissima motivazione per andare,
ma, più forte, ne trovi almeno una dozzina per restare.
più forte chi ti vuole bene e te ne ha voluto,
più forte quando vuoi bene in silenzio.
è più forte quando parli invece di rimanere in silenzio,
quando dici ‘ti voglio bene’, invece di aspettare,
più forte è preferire di tenere nell’armadio
il regalo che non darai a chi ritenevi amico,
a chi ti riteneva una stupida.
più forte ascolti luigi tenco e pensi alle parole,
più forte ti tieni stretto il bene che vuoi a qualcuno
e non lo ostenti, non gridi, soltanto perchè la gente
pensi di te che sei felice.
felice di una felicità che non fa invidia, che non mi fa invidia.
più forte sorridi e cerchi sorrisi,
ti senti innamorata, ma più forte,
perchè adesso non t’ascolta.
più forte vuoi tornare ad essere solo ‘stupida bionda’
e le scarpe, i tacchi, i capelli che sono biondi,
gli occhi da bambina, gli occhi da bimba.
balli da sola, ma più forte.
chi c’era, ci sarà,
chi ti ferisce, fingendosi amico, anche.
chi vorrai bene ancora, sarà lì.
anch’io sarò qui.
più forte, sono stanca, ma sul serio mai abbastanza.
 
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mai letta cosa più sensuale di questa.

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove sui mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
sui ginestri folti
di coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
l’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come un foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota.
più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancora trema, si spegne,
risorge, treme, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta; ma la figlia
del limo lontane,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.
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e quindi uscimmo a riveder le stelle.

 

 

ma non è malinconia, sono occhi lucidi per esserti ricordata in un lampo che quando sei felice davvero davvero guarderesti negli occhi più volentieri la persona con cui vorresti essere veramente e non quella che si trova lì, che è lì, forse anche per te, senza che tu sia realmente lì per qualcun altro.

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gli uomini preferiscono le bionde.

che il tempo curi tutte le cose o le persone non vuol dire proprio nulla.
una mattina ti svegli e realizzi che sei cambiato, sei cresciuto.
che quello che prima ti faceva male, ora è sempre la stessa cosa, ma tu lo valuti con occhi diversi.
e quella stessa cosa adesso è solo lo strumento che usi gratis
per imparare a difenderti, per riuscire a proteggerti.
e tu sei sempre tu, sostanzialmente, ma hai imparato a conoscerti.
e pensi di aver sopportato, ma sei ancora qui.
ti guardi indietro e ti guardi in avanti e credi sul serio
che in fondo quello che potrebbe veramente buttarti giù
ancora deve esistere.
e in fondo c’è già stato quello che poteva veramente buttarti giù,
ma rimani ancora in piedi, ritta sui tacchi a fissare i tuoi ostacoli,
con il coraggio di chi riesce ancora a credere in quello che sente.
anch’io me ne sto ritta sui tacchi, con la verità in tasca e
tutto quello che sento, fuori.
non esiste un modo giusto di essere, quello che senti in genere ti basta.
e anche quando ti senti sbagliato, ferito, anche quando ti senti così
se quello che senti è ancora più forte,
incassi i colpi e ti dici ‘che il tempo curerà le cose’.
ma poi scopri che non sarà mai così e devi solo a te stesso
se sei ancora qui.
e questo è meglio, è molto meglio che sapere ‘che il tempo curerà le cose’.
non la smetto di essere come sono.
(è che poi agli uomini piacciono le bionde)
 
😉
touché.
 
 
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sogno di una notte di mezza estate

è solo che
ti senti scoppiare il cuore, delle volte,
ma tanto vincerà qualcun altro.
e tu puoi solo imparare ad
essere più forte.
delle volte senti che non basti più
nemmeno a te stesso, ma vai avanti.
senza avere gli occhi lucidi.
e non è possibile
sentirsi sfuggire dalle mani
quel brivido stupendo di quando una persona
per una volta, una volta soltanto,
ti stupisce per una cosa bella.
i sogni che ti lasciano a fissare il
soffitto alle sette del mattino, quando
non sai se sei sveglio per un esame, per il lavoro,
non sai perchè sei sveglio e rimani lì a fissare il soffitto,
quei sogni sono il prezzo che paghi per essere tanto diversa.
ma almeno stavolta tutte queste piccole cose
ti hanno insegnato qualcosa.
e la felicità non la si ostenta, perchè sarebbe
come ostentare un anello dal diamante troppo grosso.
e a volte la malinconia non sta nel non essere felici,
ma nel non poter condividere tutti quei piccoli
pezzettini conquistati.
non poter condividere un pezzettino di notte d’estate.
un pezzettino di sogno.
sogno di una notte di mezza estate.
 
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petiiiiite, petiiiiiiite.

oh buon dio.
e che effetto ti fa rivederti com’eri prima.
rileggerti soprattutto.
quando ero nel pieno del periodo ‘truman show’.
mi si allarga la bocca in un sorriso a
sapere che ‘è passata’,
quando sembrava non sarebbe mai passata
ed erano due anni fa, due anni fa soltanto.
e sono contenta, perchè invece
adesso anche quando sembra non passare mai,
riesco ad essere ancora più brava.
(a farla passare)
brindo a me.
alla piiccola nuni.
ai capelli biondi, alla radio.
brindo a quando, anche con le ginocchia sbucciate,
tocco e prendo quello che avrei sempre voluto avere.
mancano ancora tanti altri pezzettini, quei pezzettini
che assemblati tutti insieme poi alla fine ti fanno stare meglio.
tanti pezzettini.
uno alla volta, tanti pezzettini.
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